Il crollo del prezzo del petrolio ha causato fenomeni economici che finiranno col minare l’industria del riciclo: recuperare una componente plastica da un’auto giunte a fine vita costa più che produrla nuova
Riciclare fa bene all’ambiente ma a quanto pare, a causa del crollo dei prezzi delle materie prime, non sembra esser più economicamente interessante. A lanciare l’allarme le imprese che si occupano di gestire la filiera dei rifiuti di apparecchiature elettriche e elettroniche (RAEE) e quella dei veicoli a fine vita. “La plastica mista valeva sui 110 euro la tonnellata – sottolinea Danilo Bonato, direttore generale del consorzio Remedia, sistema collettivo per la gestione dei Raee – oggi non viene ritirata nemmeno gratis. I riciclatori hanno i piazzali pieni di materiali che nessuno vuole”. A dirsi preoccupati anche i responsabili dell’Aira, l’Associazione industriale riciclatori di auto. “Dalla frantumazione dei veicoli – commenta il presidente Mauro Grotto – solo pochi mesi fa si ricavava rottame ferroso per un valore di 300-320 euro per tonnellata, oggi siamo scesi intorno a 170 euro”, e le stime sembrano destinate ad abbassarsi ulteriormente nel corso dei prossimi mesi.
Riciclare alcune materie prime risulta poco conveniente
Quanto sta accadendo metterà “in forte difficoltà l’industria del riciclo”, con gravi ripercussioni per l’ambiente e l’economia. Con il petrolio che ormai ha un costo irrisorio, circa 30 dollari al barile, recuperare componenti da un’automobile giunta a fine vita risulta più oneroso del produrne uno equivalente ma nuovo. “Va un po’ meglio coi metalli come rame, zinco e ottone – evidenzia Grotto -, ma con materiali meno nobili, come il ferro, siamo al limite”. A frenare il settore del riciclo la nuova direttiva europea in materia di veicoli fuori uso. Se fino al 2015 l’obiettivo comunitario prevedeva il recupero dell’85% dei materiali delle auto rottamate, dallo scorso anno tutto è cambiato. L’Ue ha imposto alle aziende impegnate in questo settore chiave di riciclare almeno il 95 per cento delle materie prime presenti nelle auto giunte a fine vita (l’Italia non riesce a oltrepassare l’83 per cento) ma tanti dei materiali in questione sono economicamente svantaggiosi: per alcuni di questi l’industria del riciclo non riesce nemmeno a coprire i costi di trasformazione.
Attribuire alle materie prime vergini il giusto “prezzo”
La Banca Mondiale, nel suo Commodity Markets Outlook, ha tagliato le stime per 37 su 46 materie prime a livello mondiale prevedendo un’ulteriore diminuzione: i prezzi delle materie prime non energetiche caleranno del 3,7% nel 2016, con i metalli in ribasso del 10% dopo il calo del 21% nel 2015. Più nel dettaglio, i prezzi del ferro – contenuto in grandi quantità negli elettrodomestici – potrebbero diminuire del 25% entro la fine del 2016, mentre il rame – presente ad esempio negli smartphone – potrebbe scendere del 9%. Secondo gli attori in campo esiste soltanto una strada percorribile per evitare che la macchina del riciclo si ingrippi. L’industria dovrà imparare ad attribuire alle materie prime vergini il giusto “prezzo”, considerando non solo i costi di produzione ma anche tutti quelli derivanti dagli impatti ambientali, come il consumo di suolo, di energia e di acqua.
Da Adnkronos – 17 febbraio 2016