La cattiva gestione dei rifiuti costa circa 43 euro per ogni cittadino. Un vero e proprio salasso di 1,2 miliardi di euro in “mancati benefici”. Uno studio di Althesys rivela che solo due Regioni, Trentino e Veneto, sono riuscite a raggiungere gli obiettivi previsti
Il Dlgs. 152/2006 (“Norme in materia ambientale”) fissava come obiettivo il raggiungimento del 65% di raccolta differenziata entro il 31 dicembre 2012. Ma i dati raccolti da Althesys evidenziano che, salvo Trentino e Veneto, tutte le altre regioni hanno un tasso di raccolta inferiore al 60%. Fanalino di coda è la regione Lazio, che presenta un livello di raccolta differenziata davvero basso (22,1%) in rapporto ai rifiuti prodotti (3,2 milioni di tonnellate), in cui i mancati benefici sono i più elevati e ammontano a 187 milioni di euro.
“Nel 2012 molte regioni, e non soltanto il meridione, sono state caratterizzate da livelli di raccolta differenziata ancora inferiori rispetto agli obiettivi. Una cattiva gestione che costa fino a 43 euro a testa a ogni cittadino, nelle regioni con i livelli più bassi di raccolta, ad esempio Puglia e Calabria”, spiega Alessandro Marangoni, amministratore delegato di Althesys e capo del team di ricerca. Oltre il danno anche la beffa: a ragione di tali inadempienze la Commissione europea prevede sanzioni molto salate (28.090 euro da pagare quotidianamente sino alla sentenza definitiva del 2014, con l’aggravante di un’ulteriore maxi multa da 256.819 euro per ogni giorno di ritardo maturato).
Il problema è avvalorato dal fatto che lo smaltimento dei rifiuti in discarica ha un costo basso: ad esempio in Puglia il costo medio è pari a 50 euro a tonnellata, mentre nel Lazio il costo oscilla tra i 40 e i 70 euro a tonnellata. Pertanto, quando i costi sono alti, risulta più conveniente sviluppare la differenziata e il riciclaggio, come dimostrano le regioni più all’avanguardia su tale fronte: Veneto (dove il costo della discarica raggiunge persino i 150 euro a tonnellata) e Trentino (fino a 119 euro a tonnellata).
Serve, secondo Legambiente, un nuovo sistema di incentivi e disincentivi per fare in modo che prevenzione e riciclo risultino più convenienti, anche economicamente, rispetto al recupero energetico e allo smaltimento in discarica. Ma in che modo? Legambiente propone 4 iniziative. Primo, Tartassare lo smaltimento dei rifiuti in discarica: occorre che le regioni italiane fissino a 25 euro per tonnellata l’entità del tributo regionale per i rifiuti che vengono smaltiti in discarica dopo il pretrattamento, in modo da definire dei criteri di bonus/malus, basati sull’entità del superamento degli obiettivi di legge sulla percentuale di raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio, per cui maggiore sarà il superamento, maggiore sarà lo sconto sull’ecotassa praticato ai Comuni virtuosi. Secondo, eliminare gli incentivi per il recupero energetico dai rifiuti: nonostante l’Europa si schieri a favore del riciclaggio prima del recupero energetico, si è sempre avuto un trattamento di favore nei riguardi della combustione dei rifiuti. Terzo, bisogna approvare una norma che blocchi l’erogazione degli incentivi per potenziali nuovi inceneritori, tutelando solo quelli che producono biogas dai rifiuti organici differenziati, incentivando il riciclaggio perché diventi più conveniente del recupero energetico: ad esempio prevedendo un regime di IVA agevolata (ad esempio al 10%) per i prodotti realizzati con un minimo di materiale riciclato.
Infine va preso in considerazione un ulteriore criterio, già in linea con quello previsto dal principio europeo, secondo il quale “chi inquina paga”.
Da: Lastampa.it – M.D.